Dopo cantieri, cave e campi agricoli, ora anche i rider potranno finalmente godere di una tutela reale contro il caldo estremo. È quanto stabilito da una nuova ordinanza della Regione Lazio, firmata dal presidente Francesco Rocca, che estende il divieto di lavorare nelle ore più torride — dalle 12:30 alle 16:00 — anche ai fattorini della gig economy.
Una misura che resterà in vigore fino al 15 settembre 2025, superando il precedente limite del 31 agosto, e che si applicherà nei giorni in cui la mappa del rischio di Worklimate segnalerà un livello “Alto” per i lavoratori esposti al sole.
Un passo avanti, dopo mesi di pressioni
Nel nostro precedente approfondimento su Lavoro e Diritti, avevamo già analizzato il crescente numero di ordinanze regionali che, una dopo l’altra, hanno messo nero su bianco l’impossibilità di lavorare in condizioni disumane sotto il sole cocente.
Ora, il provvedimento del Lazio introduce una novità importante: si riconosce ufficialmente che anche chi lavora in sella a una bici o su uno scooter, correndo contro il tempo per pochi euro a consegna, è un lavoratore esposto a rischio climatico. Ed è un lavoratore come gli altri.
Il Piemonte ha fatto da apripista
Vale però la pena precisare che non è il Lazio la prima regione ad aver incluso i rider nelle tutele contro il caldo estremo. Qualche giorno prima, infatti, era stata la Regione Piemonte ad estendere esplicitamente il divieto di lavoro nelle ore più calde anche ai fattorini e agli operatori della logistica, con una misura simile sia nei contenuti sia nei limiti orari e temporali.
Come indicato nella nota ufficiale della Regione Piemonte, le ordinanze firmate dal presidente Cirio già prevedevano uno stop ai rider nei giorni a rischio elevato, in modo da garantire la sicurezza fisica di chi lavora all’aperto in condizioni critiche.
Emergenza caldo rider, verso un’estensione nazionale?
Con due Regioni importanti che hanno già adottato queste misure, è lecito immaginare che altre seguiranno presto. Il caldo non conosce confini amministrativi e l’urgenza di proteggere i lavoratori esposti al sole riguarda l’intero territorio nazionale. Ci si aspetta dunque che anche regioni come Lombardia, Emilia-Romagna o Campania si muovano nella stessa direzione nelle prossime settimane, seguendo l’esempio di Piemonte e Lazio.
Un’estate tra ordinanze e polemiche
Questa nuova ondata di tutele arriva a pochi giorni da una polemica nazionale che ha coinvolto la piattaforma Glovo, colpevole – secondo sindacati e attivisti – di aver proposto un incentivo di pochi centesimi ai rider disposti a effettuare consegne proprio nelle ore di maggior rischio per la salute. Un messaggio che ha fatto il giro del web e che ha acceso un acceso dibattito, come riportato da RaiNews.
L’iniziativa, da molti giudicata cinica e irrispettosa, ha messo sotto i riflettori le contraddizioni della gig economy: una manciata di centesimi come “compensazione” per lavorare in condizioni disumane, senza contratti veri, senza protezioni e, fino a pochi giorni fa, senza nemmeno il diritto di fermarsi quando il termometro tocca i 40 gradi.
Esclusioni e raccomandazioni
È bene ricordare che l’ordinanza del Lazio, come quella piemontese, non si applica agli interventi urgenti e di pubblica utilità, come quelli delle amministrazioni pubbliche, dei concessionari di servizi essenziali o di protezione civile. Ma anche in questi casi, è previsto l’obbligo di adottare misure organizzative adeguate a ridurre il rischio di esposizione al caldo.
Tutti gli altri datori di lavoro, invece, sono invitati a monitorare quotidianamente la mappa del rischio Worklimate e a sospendere le attività nelle ore critiche quando necessario.
Il diritto di fermarsi
Queste ordinanze segnano un piccolo ma significativo cambio di passo. Non solo perché riconoscono anche ai rider il diritto a condizioni di lavoro dignitose, ma perché spingono l’opinione pubblica a guardare in faccia una realtà troppo spesso ignorata: quella di una forza lavoro precaria, invisibile e vulnerabile, che mantiene attivi servizi fondamentali in cambio di pochissimi euro e senza alcuna garanzia.
Leggi anche: Emergenza Caldo, per la tutela dei lavoratori è tempo di superare il modello last-minute
È positivo che alcune Regioni si stiano muovendo con rapidità, ma il rischio è che il Paese si frammenti in tutele a macchia di leopardo. Di fronte al clima che cambia e alle ondate di calore sempre più frequenti, servirebbe una norma nazionale, uniforme e vincolante, che non lasci la sicurezza dei lavoratori alla buona volontà dei singoli territori.
Proteggere chi lavora non dovrebbe essere un atto eccezionale, ma un principio fondante del nostro sistema economico. Oggi più che mai, il diritto a non lavorare in condizioni pericolose è parte integrante del diritto al lavoro stesso.