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Impugnazione del licenziamento

La disciplina dell'impugnazione del licenizamento


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di - 13 Dicembre 2011

L’impugnazione del licenziamento è disciplinata dalla legge n. 604/1966 modificato dal collegato lavoro, L. 183/2010. Infatti, la L. 604/66, poi integrata dall’art 18 Statuto dei lavoratori, appresta un sistema di tutela nei casi di licenziamento non sorretto da giusta causa o giustificato motivo, o intimato senza rispetto della prescritta procedura, o contrario a norme imperative (vale a dire, in tutti i casi di licenziamento illegittimo)

L’impugnazione è di norma proposta dal lavoratore personalmente, ovvero dal sindacato cui questi è iscritto o da un legale munito di procura speciale. Per impugnare il licenziamento è sufficiente qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, con cui il lavoratore comunichi al datore di lavoro la sua intenzione di contestare la legittimità del provvedimento espulsivo.

Il lavoratore deve impugnare il licenziamento entro 60 giorni dalla ricezione della comunicazione del recesso da parte del datore di lavoro. La Cassazione, ha considerato tempestivo l’impugnazione del licenziamento mediante raccomandata se consegnata all’ufficio postale entro 60 gg anche se recapitata oltre tale termine.

Sulla tempestività dell’impugnazione si veda sentenza Cassazione nr. 2676/2010

Novità del collegato lavoro

L’art 32 del collegato lavoro ha modificato il regime delle impugnazioni previsto dalla l. 604/66 andando a modificare l’art 6:

Tali norme valgono anche per l’impugnazione del licenziamento nei contratti a tempo determinato. Per conoscere in dettaglio le modifiche del collegato lavoro al licenziamento clicca qui

Mancata impugnazione

La mancata impugnazione del licenziamento nel termine di 60 gg dalla comunicazione, comporta la decadenza dall’impugnazione medesima; inoltre, come previsto dall’art 32 del collegato lavoro, il mancato deposito del ricorso giudiziale o la mancata comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato entro il successivo termine di 270 giorni dall’impugnazione, comporta l’inefficacia dell’impugnazione tempestivamente proposta, vale a dire, preclude al lavoratore la possibilità di richiedere la reintegrazione nel posto di lavoro e il risarcimento del danno ex art. 18 Stat. Lav.ovvero, la possibilità di fruire della tutela obbligatoria prevista dall’art. 8,
legge n. 604/1966.

La decadenza dall’impugnazione non può essere rilevata d’ufficio dal giudice ex art. 2969 c.c. ma, deve essere sollevata dalla controparte, nell’atto introduttivo di causa ossia, nella comparsa di costituzione e risposta.

L’onere della prova della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento spetta al datore di lavoro (art.5 L. 604/66).

In sede di giudizio, se l’organo giudicante (giudice o commissione di conciliazione) accerta la mancanza dei presupposti formali o sostanziali previsti dalla legge, dichiara invalido il licenziamento.

Se sono violati i requisiti procedurali come la forma scritta, l’indicazione dei  motivi e, le altre formalità previste dall’art 2 della L. 604/66, il licenziamento è inefficace. Ciò significa che il datore potrà ripetere il licenziamento osservando le forme previste dalla legge.Se il licenziamento è ingiustificato, lo stesso è nullo e non può essere ripetuto dal datore,

Quindi, in caso di invalidità del licenziamento si applicherà la tutela reale o obbligatoria di cui parleremo in seguito.

Si ricorda inoltre che il decreto “milleproroghe” d.lg. 225/2010, convertito in L. nr. 10/2011, proroga i termini delle impugnazioni previsti dal collegato lavoro, aggiungendo all’art 32 del collegato lavoro il seguente comma:
«1-bis. In sede di prima applicazione, le disposizioni di cui all’articolo 6, primo comma, della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento, acquistano efficacia a decorrere 31 dicembre 2011».

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Categories: Leggi, normativa e prassi
Tags: decreto lavoroLicenziamento