La Cassazione, sesta sezione penale, con sentenza nr. 38617 dello scorso 5 ottobre, ha affermato che, fare pressioni su qualcuno, sfruttando la propria posizione o la propria autorevolezza, per agevolare l’assunzione di terze persone, può integrare gli estremi del reato di concussione.
Il caso ha riguardato un Sig. di Afragola (NA) che, in primo grado è stato condannato alla pena (condizionalmente sospesa) di due anni di reclusione per tentata concussione, perchè, approfittando della sua qualità di presidente del consiglio comunale di Afragola, aveva esercitato ripetute pressioni sui responsabili di un ipermercato di prossima apertura, per “agevolare” l’assunzione di 250 persone nominativamente segnalate, prospettando in caso contrario, la frapposizione di ostacoli all’avvio del centro commerciale.
Successivamente, la corte di Appello di Napoli, assolveva il Sig. Nespolo dal reato. La Procura ricorreva in cassazione.
La Suprema corte ha affermato che per aversi il reato di concussione è necessario che “il comportamento abusivo sia idoneo a creare nel soggetto passivo uno stato intimidatorio”. Aggiunge la Corte che questo illecito si configura anche nel caso in cui il pubblico ufficiale si attribuisca poteri estranei alla sua competenza. In pratica, “è sufficiente che la qualità soggettiva dell’agente renda credibile l’esistenza di una specifica competenza di fatto.
Con questa decisione la Suprema Corte ha annullato l’assoluzione nei confronti di un presidente del Consiglio comunale di Afragola, affermando che, nel caso di specie, ”non può essere sottovalutata la circostanza, regolarmente contestata, che l’imputato si avvalse certamente nell’imporre l’assunzione di propri protetti ai responsabili della società commerciale, del ruolo ricoperto in seno al Comune che era l’Ente competente a interloquire con la società e ad autorizzare l’apertura dell’ipermercato”.
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