I contributi a percentuale degli artigiani si iniziano a prescrivere dalla data di scadenza del termine stabilito per il loro pagamento all’INPS. A nulla rileva la circostanza secondo la quale la decorrenza dei termini di prescrizione decorrono solamente dal momento in cui l’INPS viene a conoscenza dell’omissione contributiva.
Non rileva neanche il fatto che solo in data successiva l’Agenzia delle Entrate ha accertato che l’autonomo non avesse mai presentato la dichiarazione dei redditi. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con la recente sentenza numero 19640.
Prescrizione contributi a percentuale artigiani: la vicenda
La vicenda riguarda un artigiano chiamato a pagare i contributi a percentuale all’INPS in base alle aliquote stabilite dalla legge dopo 7 anni dalla loro maturazione. Se in prima battuta il Tribunale di primo grado ha dato ragione al ricorrente, la Corte d’Appello ha totalmente riformato la sentenza che obbligava l’artigiano a corrispondere all’INPS la somma di poco più di 12 mila euro a titolo di contribuzione artigiani per l’anno 2001, disattendendo l’eccezione di prescrizione sollevata per essere stata la pretesa previdenziale formulata solo nell’anno 2009.
I giudici genoani sostenevano che non rilevava certamente la circostanza secondo la quale i redditi del 2001 fossero stati omessi ai fini dichiarativi, con la conseguenza che non era possibile far decorrere l’accertamento di essi attraverso i poteri ispettivi dell’ente previdenziale e l’esercizio della relativa pretesa. Secondo l’artigiano, infatti, la prescrizione decorreva dall’anno 2002 che coincide con il momento in cui fu omessa la dichiarazione fiscale dovuta.
Al riguardo, la Corte d’Appello non ravvisava nessun atto interruttivo dei termini di prescrizione entro i limiti previsti dalla legge (prescrizione quinquennale); in quanto il primo avviso dei contributi mancanti è giunto dall’INPS soltanto nel 2009, e quindi circa 7 anni dopo.
L’INPS ricorre in Cassazione
Contro tale decisione propone ricorso l’INPS per Cassazione con due ordini di motivi:
- innanzitutto, l’INPS denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2935 c.c., 1 e 2, legge 233/90, e 3bis, decreto legge n. 384/1992 convertito con modificazioni nella legge 438/1992. Tali disposizioni affermano in via generale che il termine di decorrenza della prescrizione della contribuzione percentuale è individuato dopo lo spirare del termine di pagamento della seconda rata e non già come fatto dal collegio nell’anno di produzione del reddito d’impresa;
- successivamente viene dedotta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2941 n. 8 c.c., 1 e 2 legge 233/1990, 3-bis del decreto legge n. 384/1992 convertito con modificazioni nella legge 438/1992. Al riguardo, l’INPS sostiene che il decorso del termine di prescrizione dovesse essere sospeso poiché era evidente che il debitore aveva dolosamente occultato all’Inps di aver conseguito un reddito superiore a quello imponibile.
Conclusioni della Corte
La Cassazione respinge il ricorso dell’INPS. Sul punto, gli ermellini rilevano che in tema di contributi a percentuale, il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva è costituito dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito ex art. 1, comma 4 della L. n. 233/1990.
Dunque, il momento di decorrenza della prescrizione dei contributi in questione deve identificarsi con la scadenza del termine per il loro pagamento; e non con l’atto, eventualmente successivo con cui l’Agenzia delle Entrate abbia accertato un maggior reddito.
È pertanto infondata la tesi fatta valere dall’INPS secondo cui il diritto ai contributi a percentuale sul reddito sarebbe sorto solo quando l’Istituto ha avuto contezza del suo credito; ossia solo dopo che l’Agenzia delle Entrate ha accertato d’ufficio che il lavoratore autonomo in relazione all’anno 2001 avesse conseguito un reddito mai dichiarato prima.
Pertanto, la decorrenza di prescrizione coincide dalla scadenza del termine stabilito per il pagamento dei medesimi contributi all’INPS.
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