Indennità risarcitoria licenziamenti: il Jobs Act è incostituzionale

Per la Corte Costituzionale è incostituzionale il Jobs Act sul criterio utilizzato per determinare l’indennità risarcitoria nei licenziamenti ingiustificati


Come anticipato dall’Ufficio stampa della Corte Costituzionale il 26 settembre scorso, il criterio utilizzato per determinare l’indennità di licenziamento ingiustificato è contrario alle norme della Costituzione. Non è dunque possibile basare l’indennità risarcitoria solamente sull’anzianità di servizio, in quanto lede i principi di ragionevolezza e di uguaglianza. Inoltre, quanto previsto dal Jobs Act in materia di indennità risarcitoria, recentemente modificato dal Decreto Dignità (ma non nella sostanza), contrasta anche con il diritto e la tutela del lavoro.

A stabilirlo è la Corte Costituzionale con la sentenza n. 194 depositata l’8 novembre 2018. Quali saranno, dunque, i nuovi criteri per determinare le mensilità da corrispondere al lavoratore ingiustamente licenziato? Andiamo con ordine e vediamo i dettagli della sentenza.

Calcolo indennità risarcitoria: cosa dice il Jobs Act

Il nuovo metodo di calcolo da utilizzare per determinare l’indennità risarcitoria in caso di licenziamento giudicato ingiustificato da parte del giudice nei contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti, è stato introdotto dall’art. 3, co. 1 del D. Lgs. n. 23/2015.

Tale norma prevede che nel caso in cui il giudice accerti che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo (GMO) o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il lavoratore ha diritto:

  • a un’indennità (non soggetta a contribuzione previdenziale) pari a 2 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità.
  • indennità (calcolata come sopra) con un minimo di due e un massimo di sei mensilità per le imprese con meno di 15 dipendenti;

Indennità di licenziamento: le modifiche del Decreto Dignità

Tale criterio è stato sostanzialmente confermato dal recente Decreto Dignità (L. n. 96/2018), che ha solamente incrementando i limiti di mensilità delle indennità risarcitorie che l’azienda è tenuta a corrispondere al dipendente.

Sul punto, l’art. 3 del D.L. 12 luglio 2018, n. 87 ha aumentato:

  • il limite minimo delle mensilità da 4 a 6 e il limite massimo delle mensilità da 24 a 36 per le imprese sopra i 15 dipendenti;
  • per le imprese fino a 15 dipendenti è stato modificato solo il limite minimo che passa da 2 a 3 mensilità.

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Dunque, in caso di licenziamento ritenuto dal giudice del lavoro ingiustificato, a decorrere dal 12 agosto 2018 si applicano dei limiti nettamente maggiori, ossia da 6 a 36 mensilità (oppure da 3 a 6 per le PMI). Dunque, in caso di licenziamento ingiustificato di un dipendente con un’anzianità di servizio pari a 17 anni, il datore di lavoro arriverebbe a pagare fino a 34 mensilità, sforando quindi il limite massimo previsto dalla previgente normativa, pari a 24 mensilità.

Quanto finora descritto costituisce la regola da seguire per i datori di lavoro con più di 15 dipendenti che licenziano in maniera illegittima un dipendente per GMO, giustificato motivo soggettivo o giusta causa. Inoltre, riguarda tutti i lavoratori rientranti nella disciplina delle c.d. “tutele crescenti”.

Indennità di licenziamento incostituzionale: cosa dice la sentenza

Per i giudici della Corte Costituzionale il meccanismo di calcolo appena illustrato è incostituzionale. Non è possibile basare l’importo risarcitorio, ossia le mensilità da prendere a riferimento, esclusivamente in funzione dell’anzianità di servizio. Ciò rendere, a detta dei giudici, l’indennità “rigida” e “uniforme” per tutti i lavoratori con la stessa anzianità, così da farle assumere i connotati di una liquidazione “forfetizzata e standardizzata”.

Dunque è necessario considerare anche altri fattori ed elementi “desumibili in chiave sistematica dall’evoluzione della disciplina limitativa dei licenziamenti”, quali:

  • il numero dei dipendenti occupati;
  • le dimensioni dell’attività economica;
  • il comportamento;
  • e le condizioni delle parti.

Il Jobs Act, infatti, contrasta:

  • con il principio di eguaglianza, sotto il profilo dell’ingiustificata omologazione di situazioni diverse;
  • con il principio di ragionevolezza, sotto il profilo dell’inidoneità dell’indennità a costituire un adeguato ristoro del concreto pregiudizio subito dal lavoratore.

È dunque ragionevole ritenere che si possa tornare alla situazione in cui il giudice di merito deciderà caso per caso l’importo di questa indennità risarcitoria.

Sentenza Corte Costituzionale numero 194/2018

Alleghiamo in ultimo il testo della Sentenza per la sua completa lettura.

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