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Non solo mobbing: ecco il risarcimento da stress lavorativo

Antonio Maroscia28 Agosto 20254 Mins Read
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Cassazione: lo stress lavorativo può bastare per condannare il datore, anche senza mobbing. Ecco cosa significa e come tutelarsi.

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Stress da lavoro e responsabilità del datore di lavoro risarcimento danni
Indice:
  • Cos’è il mobbing
  • Stress e mobbing: le differenze
  • Il fondamento giuridico: l’articolo 2087 c.c.
  • Consigli pratici per i lavoratori
  • Perché questa sentenza è importante

Quando si parla di mobbing, si pensa subito a vessazioni continue, comportamenti ostili e veri e propri piani persecutori nei confronti di un dipendente. Ma la Cassazione ha chiarito un punto fondamentale: non serve più dimostrare il mobbing per ottenere tutela.

Anche un ambiente di lavoro stressante, disorganizzato e incapace di tutelare la salute dei lavoratori può portare a una condanna per il datore. Non si parla più solo di azioni intenzionali, ma anche di semplici omissioni o di mancanza di attenzione alla qualità dell’ambiente lavorativo.

Cos’è il mobbing

Con il termine mobbing si indica un insieme di comportamenti ostili e ripetuti messi in atto sul posto di lavoro con l’obiettivo di isolare, umiliare o spingere un dipendente a lasciare l’azienda. Non si tratta quindi di un singolo episodio spiacevole, ma di una vera e propria strategia persecutoria, fatta di pressioni costanti, critiche ingiustificate, esclusione dal gruppo o compiti dequalificanti.

Perché si possa parlare di mobbing in senso giuridico servono alcuni elementi chiave: la continuità delle azioni, la loro intenzionalità e soprattutto il danno concreto che ne deriva, spesso a livello psicologico e di salute. È proprio questa difficoltà nel dimostrare un “disegno persecutorio” che rende complesso far valere il mobbing in tribunale.

Stress e mobbing: le differenze

Il mobbing richiede la dimostrazione di un disegno persecutorio, fatto di atti ripetuti e mirati a danneggiare il dipendente. Non sempre, però, i lavoratori riescono a provare l’esistenza di questa volontà.

Lo stress lavoro-correlato, invece, è più semplice da individuare: non dipende da un piano preciso, ma da condizioni lavorative che diventano insostenibili, come:

  • carichi di lavoro eccessivi senza pause adeguate;
  • mancanza di personale e continue urgenze;
  • scarsa organizzazione o assenza di comunicazione interna;
  • turni troppo lunghi o impossibilità di conciliare vita e lavoro.

Secondo la Cassazione, se queste situazioni generano un danno alla salute del dipendente, il datore ne risponde comunque.

Leggi anche: Cosa fare se si subisce il mobbing? Come riconoscerlo e difendersi

Il fondamento giuridico: l’articolo 2087 c.c.

La base normativa è l’articolo 2087 del Codice Civile, che impone al datore di lavoro l’obbligo di tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei dipendenti. Questo significa che non deve solo prevenire infortuni e malattie professionali, ma anche garantire un ambiente sano e rispettoso dal punto di vista psicologico.

Se il lavoratore dimostra che lo stress derivante dalle condizioni di lavoro ha compromesso la sua salute, il datore è responsabile, anche senza prove di un comportamento persecutorio.

Consigli pratici per i lavoratori

  1. Documenta lo stress
    Conserva certificati medici, referti psicologici e comunicazioni aziendali che dimostrano la pressione lavorativa. Questi documenti sono fondamentali in caso di causa.
  2. Segnala subito i problemi
    Non aspettare che la situazione peggiori. Rivolgiti al tuo responsabile, al medico competente o al RLS (Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza).
  3. Richiedi una valutazione dello stress lavoro-correlato
    Ogni azienda è obbligata a farla periodicamente. Se noti che non viene eseguita o che non rispecchia la realtà, chiedi chiarimenti.
  4. Non isolarti
    Parlane con i colleghi o con il sindacato. Spesso lo stress è un problema diffuso, e affrontarlo insieme ha più forza che gestirlo da soli.
  5. Tutelati legalmente
    Se lo stress è tale da danneggiare la tua salute e il datore non interviene, puoi rivolgerti a un avvocato del lavoro per valutare azioni legali o richieste di risarcimento.

Perché questa sentenza è importante

Questa pronuncia della Cassazione cambia la prospettiva: il datore non può più limitarsi a dire “non c’era mobbing”. Deve dimostrare di aver adottato tutte le misure necessarie per garantire il benessere dei lavoratori, anche da un punto di vista psicologico.

Per i lavoratori, significa avere una tutela in più: non serve più affrontare la difficile battaglia di provare un vero e proprio disegno persecutorio. È sufficiente dimostrare che l’ambiente di lavoro, così com’è, ha prodotto stress dannoso per la salute.

In sintesi

  • Lo stress cronico sul lavoro può portare a responsabilità del datore, anche senza mobbing.
  • L’articolo 2087 c.c. obbliga le aziende a proteggere anche la salute psicologica dei dipendenti.
  • I lavoratori possono tutelarsi documentando lo stress, chiedendo valutazioni interne e, se necessario, ricorrendo al giudice.

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