La diffusione degli smartphone e delle app di messaggistica ha cambiato radicalmente il modo in cui comunichiamo. Questo vale anche per il mondo del lavoro, dove non è raro imbattersi in racconti, soprattutto sui social, di lavoratori che affermano di aver ricevuto un licenziamento direttamente sul cellulare. Comprendere se questa modalità sia valida è essenziale per tutelarsi da eventuali abusi. Oggi affrontiamo questo argomento sempre verde partendo dalla email di una nostra lettrice che ci scrive per chiarire i suoi dubbi in materia.
«Buongiorno, ho letto su un social di un lavoratore che sarebbe stato licenziato tramite un messaggio WhatsApp. Devo ammettere che questa notizia mi ha inquietata molto, perché mi chiedo se possa accadere realmente e se un provvedimento così serio possa essere notificato con un semplice messaggino. È una pratica possibile secondo la legge? O si tratta di una modalità non valida? Vi ringrazio se potete chiarirmi le idee.»
Licenziamento: è obbligatoria la forma scritta
Per valutare la questione partiamo dalla regola base: il licenziamento è valido soltanto se comunicato per iscritto. Lo stabilisce la normativa italiana, anche se ci sono dei casi in cui anche questa forma non serve, è il caso del licenziamento ad nutum.
Tuttavia, la legge non richiede uno specifico mezzo di trasmissione. Non è prescritta cioè una raccomandata cartacea né una consegna fisica del documento: ciò che conta è che il lavoratore riceva un testo scritto che esprima chiaramente la decisione del datore di porre fine al rapporto.
La giurisprudenza: il digitale può soddisfare la “forma scritta”
Negli ultimi anni i tribunali italiani hanno affrontato più volte casi di licenziamenti comunicati con strumenti informatici. La conclusione è uniforme: la forma scritta può essere rispettata anche tramite email, allegati digitali o app di messaggistica, purché il documento arrivi al lavoratore e provenga in modo riconoscibile dal datore.
Una recente sentenza del giudice del lavoro di Napoli (novembre 2025) ha ribadito proprio questo principio. Il tribunale ha ritenuto valido un licenziamento notificato tramite WhatsApp, riconoscendo che il messaggio costituisce un documento informatico e che nulla nella normativa esclude l’uso di tali sistemi.
Licenziamento via WhatsApp: quando è considerato valido
Secondo i giudici, un licenziamento inviato via WhatsApp può considerarsi formalmente valido se rispetta tre condizioni fondamentali:
- il contenuto è scritto e inequivocabile;
- il messaggio è riferibile al datore di lavoro;
- il lavoratore lo riceve effettivamente.
Un elemento che rafforza la prova dell’avvenuta ricezione è rappresentato dai dati generati automaticamente dall’app, cioè la data e l’ora di consegna e, soprattutto, la conferma di lettura, comunemente nota come “spunta blu”. Queste informazioni possono avere rilievo in un eventuale giudizio.
La validità formale non basta: il licenziamento può comunque essere illegittimo
Il fatto che la forma scritta sia soddisfatta non significa che il licenziamento sia automaticamente legittimo. Il datore deve comunque rispettare:
- la sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo;
- le procedure previste, soprattutto se si tratta di un licenziamento disciplinare;
- l’obbligo di fornire le motivazioni quando richieste dal lavoratore.
In altre parole, la modalità di trasmissione può essere valida, ma il contenuto può comunque essere contestato se contrario alle norme o al contratto collettivo.
Cosa deve fare un lavoratore che riceve un licenziamento via WhatsApp
Se dovesse accadere una situazione simile, è fondamentale:
- conservare immediatamente il messaggio senza cancellarlo;
- salvare schermate con data, ora e conferma di lettura;
- verificare la chiarezza e la provenienza della comunicazione;
- rivolgersi rapidamente a un sindacato o a un legale specializzato in diritto del lavoro.
Gli strumenti digitali possono sembrare informali, ma le tutele del lavoratore restano invariate.
Conclusione
Il licenziamento via WhatsApp può essere considerato valido sotto il profilo formale, ma solo a precise condizioni. La legge richiede la forma scritta, non un mezzo particolare.
La giurisprudenza conferma che i messaggi digitali possono rispettare questo requisito se la volontà del datore è chiara e il lavoratore riceve la comunicazione. Resta comunque necessario verificare la legittimità sostanziale del provvedimento caso per caso.
Scriveteci alla pagina La Posta di Lavoro e Diritti per chiarire dubbi ijn materia di Fisco, Lavoro, Pensioni e Welfare.
