Molti lavoratori si trovano, a un certo punto della carriera, a dover fare i conti con “buchi” contributivi o periodi di inattività che rischiano di compromettere il diritto alla pensione. In questi casi, una possibile soluzione è rappresentata dai contributi volontari, uno strumento utile ma spesso frainteso, che consente di “comprare” mesi o anni di versamenti previdenziali per non perdere il diritto alla pensione o per aumentarne l’importo.
Si tratta però di una scelta impegnativa, sia dal punto di vista economico che strategico, che va valutata con attenzione e solo dopo aver compreso bene vantaggi, limiti e reali possibilità di convenienza. Rispondendo ad una email di una lettrice prendiamo spunto per tornare su questo argomento sempre attuale.
“Buongiorno, mi chiamo Laura e vi scrivo perché ho sentito parlare dei contributi volontari, ma non mi è chiaro cosa siano esattamente. Mi piacerebbe capire se possono servire a chi, come me, ha avuto diversi periodi senza lavoro e rischia di non raggiungere i 20 anni di contributi per la pensione. Vorrei sapere quanto costano e se davvero conviene versarli. Grazie mille per la risposta.”
Cosa sono i contributi volontari
I contributi volontari sono versamenti che il lavoratore effettua di propria iniziativa all’INPS (o ad altra gestione previdenziale di riferimento) per coprire periodi nei quali non lavora e, di conseguenza, non matura contribuzione.
Possono essere richiesti da chi ha cessato o interrotto l’attività lavorativa, ma desidera continuare a costruire o completare la propria posizione assicurativa per raggiungere i requisiti minimi pensionistici.
L’autorizzazione viene rilasciata dall’INPS a chi possiede:
- almeno 5 anni (260 settimane) di contribuzione effettiva, oppure
- almeno 3 anni di contributi accreditati nei 5 anni precedenti la domanda.

Quando si possono versare
I contributi volontari possono essere utili in vari casi:
- Interruzione del lavoro (licenziamento, dimissioni o chiusura dell’attività);
- Lavoro discontinuo o part-time con pochi contributi annui;
- Anticipo dell’età pensionabile: per chi è vicino al requisito ma non ha ancora maturato tutti gli anni necessari;
- Trasferimento all’estero in Paesi non convenzionati con l’Italia, dove i contributi non si sommano automaticamente.
Quanto costano i contributi volontari
Il costo varia a seconda della gestione previdenziale di appartenenza e della retribuzione percepita prima dell’interruzione del lavoro.
Per chi appartiene al Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD), il calcolo si basa su un’aliquota del 33% della retribuzione media imponibile degli ultimi 12 mesi di lavoro.
Esempio pratico:
se una persona guadagnava 30.000 euro lordi all’anno, il contributo volontario annuo sarà circa:
- 33% di 30.000 = 9.900 euro all’anno,
ossia circa 825 euro al mese.
L’INPS stabilisce anche un minimale contributivo annuo (che cambia ogni anno): chi guadagnava meno paga comunque un importo minimo, che negli ultimi anni è stato intorno ai 3.500 – 4.000 euro.
Per gli artigiani e commercianti, invece, l’importo dipende da classi di reddito e da aliquote diverse (in genere tra il 24% e il 25%), ma la spesa minima resta simile, attorno ai 3.500 euro l’anno.
Quando conviene versarli
Versare contributi volontari può convenire, ma non sempre. Ecco i casi principali in cui ha senso farlo:
- quando mancano pochi anni o pochi mesi per raggiungere i 20 anni di contributi minimi necessari alla pensione di vecchiaia;
- quando il lavoratore ha già un’età avanzata e non può più trovare un’occupazione stabile ma vuole raggiungere il requisito contributivo;
- quando si può contare su un incentivo aziendale all’esodo (ad esempio una somma destinata proprio a coprire i contributi mancanti);
- quando i versamenti aggiuntivi possono aumentare leggermente l’importo della pensione già maturata.
Diverso è il discorso se si hanno già 20 anni di contributi: in questo caso, i contributi volontari non anticipano la pensione, ma possono solo incrementarne l’importo.
In tal caso, la convenienza economica è spesso limitata, perché l’aumento sulla pensione mensile è modesto rispetto alla spesa sostenuta.
Una valida alternativa: la Pace Contributiva INPS 2024-2025
Per chi ha “buchi” contributivi nel proprio percorso lavorativo, una valida alternativa ai versamenti volontari è la Pace Contributiva, prorogata fino al 31 dicembre 2025. Si tratta di una misura straordinaria che consente di riscattare periodi scoperti da contribuzione tra il 1996 e il 2023, a condizione che non vi sia stata attività lavorativa o versamento di contributi in quei periodi.
Il vantaggio principale è che il riscatto avviene con oneri ridotti rispetto ai contributi volontari e può essere pagato in un massimo di 120 rate mensili (dieci anni). Inoltre, l’importo versato è interamente deducibile dal reddito imponibile, generando un risparmio fiscale importante.
La Pace Contributiva può quindi essere particolarmente utile per chi ha interruzioni di carriera lunghe, oppure per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 e vuole aumentare la propria anzianità assicurativa in vista della pensione.
Non sostituisce i contributi volontari, ma rappresenta una soluzione alternativa o complementare da valutare attentamente con l’aiuto di un patronato o consulente previdenziale.
Leggi anche: Pace contributiva INPS: come fare il riscatto dei contributi per la pensione
Un esempio numerico di convenienza
Immaginiamo un lavoratore che ha 19 anni e 6 mesi di contributi e che, a causa della chiusura dell’azienda, non riesce più a lavorare. Per ottenere la pensione di vecchiaia, gli servono almeno 20 anni di versamenti.
In questo caso, pagare sei mesi di contributi volontari (circa 1.800 euro complessivi) gli consentirebbe di accedere alla pensione qualche anno dopo, invece di dover rinunciare. In una situazione simile, il versamento è assolutamente conveniente.
Viceversa, per chi ha già maturato i 20 anni e vuole solo “aumentare” l’importo, l’investimento potrebbe non essere giustificato, a meno che non si rientri in fasce di reddito alte o si voglia sfruttare la deducibilità fiscale dei contributi (che permette di risparmiare parte della somma tramite la dichiarazione dei redditi).
Come si fa domanda
La domanda di autorizzazione ai versamenti volontari si presenta:
- online sul sito INPS con SPID, CIE o CNS;
- tramite patronato;
- oppure tramite Contact Center (numero verde 803 164).
Una volta ottenuta l’autorizzazione, l’INPS comunica l’importo e le scadenze trimestrali per i pagamenti, che vanno effettuati tramite pagoPA.
Ogni versamento corrisponde a un periodo preciso di contribuzione accreditata (mese, trimestre, anno).
Consigli utili prima di decidere
Prima di attivare i contributi volontari è importante:
- verificare la propria posizione assicurativa nel fascicolo previdenziale INPS per evitare errori o periodi già coperti da altri contributi;
- simulare il futuro assegno pensionistico, per capire se il sacrificio economico porterà un reale beneficio;
- valutare alternative: ad esempio, contratti part-time, lavori saltuari o l’iscrizione a una gestione separata che consenta versamenti effettivi;
- chiedere il supporto di un patronato o consulente previdenziale, che può aiutare a stimare costi, benefici e deducibilità fiscale.
In sintesi
I contributi volontari sono uno strumento utile ma da usare con prudenza: possono essere decisivi per chi è vicino al traguardo della pensione, ma difficilmente convenienti per chi ne è ancora lontano.
Come ogni scelta previdenziale, vanno valutati caso per caso, considerando età, reddito, prospettive lavorative e obiettivi personali.
Se avete dubbi in materia di Fisco, Lavoro e Previdenza chiedete pure a La Posta di Lavoro e Diritti.