Oggi rispondiamo a un nostro lettore pensionato che ci ha scritto per avere chiarimenti sulla posizione contributiva della moglie. La signora ha smesso di lavorare molti anni fa, ma può contare su circa 20 anni di contributi versati. Una situazione comune a tante persone che hanno avuto carriere discontinue, fatte di periodi di lavoro alternati a lunghi intervalli senza contributi.
Prima di dare una risposta precisa, è importante chiarire che tutto dipende dagli anni in cui sono stati versati i contributi. Infatti, il sistema pensionistico italiano distingue diversi regimi di calcolo (retributivo, misto e contributivo), che cambiano radicalmente l’importo dell’assegno e le regole di accesso.
«Mia moglie ha smesso di lavorare da parecchi anni, ma può contare su almeno 20 anni di contributi versati. Vorrei sapere se con questi anni potrà avere diritto alla pensione e con quali modalità.»
Grazie per la domanda, molto frequente e importante, perché riguarda proprio la soglia minima contributiva che consente di accedere alla pensione di vecchiaia.
Quali sono i requisiti generali per la pensione di vecchiaia
Per la pensione di vecchiaia valgono due regole fisse:
- 67 anni di età (requisito valido fino almeno al 31 dicembre 2026);
- 20 anni di contributi versati.
Chi soddisfa queste condizioni può accedere alla pensione, ma il calcolo dell’assegno varia in base al regime applicato. Andiamo a vedere, con esempi concreti, come cambia la situazione.
Nota bene: l’età di uscita a 67 anni è legata all’importo minimo dell’assegno: solo per chi rientra nel regime contributivo puro (contributi interamente dal 1996 in poi) per andare in pensione a 67 anni non basta avere i 20 anni di contributi: è necessario che l’assegno maturato sia almeno pari a 1,5 volte l’assegno sociale (circa 808 € lordi al mese nel 2025). Se la soglia non viene raggiunta, l’uscita non è a 67 anni ma a 71 anni di età, con almeno 5 anni di contributi.
In sintesi, non sempre 20 anni di contributi permettono di andare in pensione a 67 anni: dipende dal periodo in cui sono stati versati i contributi e dal regime di calcolo applicato.
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Caso 1: 20 anni di contributi versati prima del 1996 (sistema retributivo)
Se la signora ha maturato i suoi 20 anni di contributi tutti prima del 1° gennaio 1996, rientra nel regime retributivo, quello più favorevole.
Il calcolo si basa sulle ultime retribuzioni percepite: mediamente si otteneva una pensione vicina all’ultimo stipendio. Ad esempio, con un reddito annuo medio di 25.000 euro, la pensione potrebbe aggirarsi attorno a 770 euro lordi al mese, con diritto anche all’integrazione al minimo se l’importo fosse inferiore a 603 euro (valore 2025).
Caso 2: contributi versati a cavallo del 1996 (sistema misto)
Se invece i 20 anni sono stati versati in parte prima e in parte dopo il 1996, si applica il regime misto: retributivo fino al 1995, contributivo dal 1996 in poi.
Il risultato è un assegno di importo intermedio. Riprendendo l’esempio del reddito medio di 25.000 euro annui, la pensione sarebbe intorno a 685 euro lordi al mese. Anche in questo caso, se la cifra fosse inferiore a 603 euro, scatterebbe l’integrazione al minimo.
Caso 3: 20 anni di contributi versati dopo il 1996 (sistema contributivo)
Infine, se tutti i 20 anni di contributi sono stati maturati dal 1° gennaio 1996 in poi, si applica il calcolo contributivo puro.
Qui la regola è più severa: oltre ai 67 anni di età e ai 20 anni di contributi, serve anche che la pensione maturata sia almeno pari a 1,5 volte l’assegno sociale (cioè circa 808 euro lordi al mese nel 2025).
Se l’importo è più basso, non si può andare in pensione a 67 anni, ma bisogna attendere i 71 anni, e in quel caso bastano anche solo 5 anni di contributi. Con il nostro esempio, la pensione sarebbe di circa 605 euro lordi al mese: troppo bassa, quindi niente pensione a 67 anni, ma diritto solo a 71 anni.
Un consiglio pratico
Come avrà capito, conoscere il periodo esatto in cui sono stati versati i contributi è fondamentale per capire a quale scenario appartiene sua moglie. Consigliamo quindi di accedere al fascicolo previdenziale INPS, disponibile sul sito ufficiale www.inps.it o tramite l’app INPS Mobile, per avere il dettaglio degli anni di contribuzione. Solo da lì sarà possibile inquadrare con certezza il regime di calcolo applicabile.
La materia pensionistica è complessa e ogni situazione è diversa dall’altra. Per questo, oltre a consultare l’estratto conto contributivo sul sito o tramite l’app INPS Mobile, è sempre utile rivolgersi a un patronato o a un consulente esperto di pensioni.
Questi professionisti possono analizzare la posizione assicurativa della signora, verificare l’esatto regime di calcolo applicabile e stimare l’importo dell’assegno con maggiore precisione. In questo modo si evitano sorprese e si possono valutare per tempo eventuali strumenti integrativi o strategie per migliorare la pensione futura.
Conclusione
In sintesi:
- Contributi tutti prima del 1996 → pensione a 67 anni con calcolo retributivo.
- Contributi parte prima e parte dopo il 1996 → pensione a 67 anni con calcolo misto.
- Contributi solo dopo il 1996 → pensione a 67 anni solo se l’assegno è almeno 808 euro; altrimenti bisogna aspettare i 71 anni.
Il nostro consiglio è di verificare subito gli estratti contributivi, così da sapere esattamente in quale delle tre situazioni si trova sua moglie e poter programmare con serenità il futuro pensionistico.
Per consigli o dubbi in materia di Lavoro, Fisco e Pensioni vi invitiamo a consultare La Posta di Lavoro e Diritti.